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19 settembre 2009

Destrina di fecola di patate, un pizzico di conservanti ad uso alimentare, un po' di glicerina per assicurare la morbidezza, una goccia di fragranza di mandorle. E la Coccoina è fatta. Un impianto automatizzato e vecchie attenzioni: la colla viene messa a stagionare, come i migliori cru, per un mese nella classica scatola di alluminio prima di essere regolarmente esportata negli Stati Uniti, in Germania e Giappone. Nel corso di questi decenni l'offerta si è diversificata con l'aggiunta delle colle liquide e degli stick. Tutte a marchio Coccoina, anche se con diverse annate, come l'84 e l'89, ma nell'immaginario collettivo la scatoletta di alluminio resta inimitabile. Anche per merito delle pubblicità, la prima delle quali è andata in onda il 21 novembre 1930, trasmessa sulle stazioni radiofoniche di Torino, Milano e Genova: «Coccoina Coccoina, non è uno stupefacente, ma una colla solida che stupisce».

La mitica colla, però, è quasi un «incidente di percorso» visto che la Balma & Capoduri è, di fatto, un'azienda meccanica che realizza l'80% del fatturato, quasi 15 milioni di euro, con le classiche cucitrici da ufficio e le pinze levapunti in acciaio. Levapunti così richiesti che l'azienda è stata costretta a installare un sistema di robot che lavorano senza sosta. E il nuovo stabilimento nella periferia vogherese (dove nel marzo 2010 si trasferiranno anche gli uffici) è ricco di impianti automatizzati progettati e realizzati dall'officina interna, che sfornano a getto continuo, tra l'altro, fino a 70 milioni di punti metallici al giorno con le piccole accortezze tipiche di chi ha una storia alle spalle e che facilitano la vita di tutti i giorni: «I nostri punti derivano da un solo filo spiega Aldo Balma, nipote del fondatore e amministratore delegato della società, da 30 anni in azienda - e questo ci permette di usare un collante leggero per tenerli uniti nelle scatolette prima e nelle pinzatrici poi. Gli altri concorrenti invece usano punti provenienti da più bobine che richiedono collanti più tenaci. E questo si traduce in sforzi maggiori nella cucitura».

Nella Balma & Capoduri c'è un continuo rimando tra storia e innovazione. Agli impianti automatizzati, per esempio, fanno da contrappeso le divise aziendali adottate ancora oggi: il presidente e i dirigenti vestono il camice bianco, le impiegate il grembiule azzurro, gli operai le tute blu.

L'azienda non ha sentito particolari contraccolpi dalla Grande crisi «anche perché - assicura il presidente Giorgio Balma, 85 anni, da 60 in azienda, anche lui in camice bianco - non abbiamo mai fatto il passo più lungo della gamba. Abbiamo voluto a tutti i costi assicurare la qualità dei nostri prodotti senza inutili scorciatoie. Anche in campo finanziario: qualche anno fa ci avevano proposto di fare ricorso ai derivati finanziari, ma niente da fare, erano cose troppo complesse. E quando una cosa è complicata, c'è qualcosa che non va».

I cinesi? «Al momento non ci fanno paura - risponde Balma junior - anche se hanno inondato il mercato con pinzatrici che costano un terzo delle nostre. Ma la domanda dei nostri prodotti non cala. E siamo orgogliosi di poter affermare che tutta la nostra produzione è rigorosamente italiana».
Balma senior in 60 anni di attività («nessuna intenzione di fermarmi, mi diverto ancora ») ne ha viste di tutti i colori, ma si indigna ancora per due grandi temi di attualità: le banche e la formazione professionale. «Una volta - spiega - c'erano i direttori di filiale che avevano spesso la funzione di consulenti di impresa. Ora il rapporto si è fatto più impersonale.Non c'è più un interlocutore diretto, le decisioni vengono prese nella sede centrale, con scarsa autonomia nella periferia».

La formazione professionale, poi, fa acqua da tutte le parti: «I giovani hanno poca passione per la meccanica. E una preparazione professionale che vale ancora di meno. La formazione non risponde più alle esigenze del mondo del lavoro. Dobbiamo insegnare noi, poco alla volta, i mestieri direttamente in fabbrica». Da anni il settore è in continua contrazione, soprattutto per motivi salutistici. Ma studi di mercato avevano dimostrato che non c'era alcuna correlazione tra crisi economiche e consumi di superalcoolici. Questa volta non è stato così: «Alla fine del primo trimestre di quest'anno - spiega Claudio Riva, 49 anni, dal 2007 amministratore delegato del gruppo dopo aver iniziato la carriera alla Calsberg e poi alla Mars - c'è stata un'improvvisa e violenta contrazione degli ordini per il periodo estivo». I consumi fuori casa sono andati in tilt e le vendite nei supermercati hanno frenato bruscamente, anche se, ed è significativo, c'è stato un vero balzo nei discount.

È difficile dire come andrà a finire il 2009 perché il settore realizza il 40% del fatturato negli ultimi quattro mesi dell'anno, il 20% nel solo periodo di Natale.
Riva, comunque, non è pessimista: «Dovremmo chiudere l'anno con lo stesso fatturato 2008, circa 60 milioni di euro, ma con margini di redditività migliori grazie alla radicale ristrutturazione avviata a fine 2007».
  CONTINUA ...»

19 settembre 2009
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